top of page
GHOSTS AND MIST

​​Nebbia. Omogeneo è la parola chiave. Felice e poco rassicurante. Non collego le vicinanze, mi manca la distanza. E’come raccogliere bastoncini e trovare quello più curvo, quello che è già cerchio senza fili. Il momento in cui le cose tornano a incontrarsi e a bilanciarsi si rimane col sapore finito in bocca, la soluzione non letale ma adatta di guanti e porte, serrature e lembi di maniglie ricciolute, un balsamo di olio che spazza il cigolare, l’attimo preciso dello spolverare cieli. Quando si alza il viso si vedono i giorni sgusciati e finiti. Ne resta il succo parziale e le immagini in fila, puntuali fino alla noia. La puntura quotidiana di personale.

DEAD

​​Tutta quella morte condensata e senza preamboli, di quella massa passionale di vita degenerata e pulsante. Come della muffa in un pentolino del campeggio. Stanando aureole stregate e piattume cittadino; i toni troppo torreggianti, reclamando una dose quotidiana di squallore e sguardi criminali, decoro grasso. Come il finale del primo racconto del “il muro” di Sastre e la descrizione tremenda di una semplice stanza da letto. La follia che prende piede e la parte sulle statue volanti. Un’immagine da portarsi dietro, magari nascosta tra ciglia invadenti: “le statue volavano basse e leggere: ronzavano.Sono morta annusandomi i capelli. Da bambina pensavo di rimanere intrappolata nella morte in preda di pensieri importanti . Pensavo di avere il tempo e la voglia di mettere in fila le foto ricordo, di tirare le perline colorate delle vacanze e sommare le angherie e i pesi delle mie mani. Sono morta pensando all’odore di fragola del mio balsamo per capelli, tutto qua.

​​
 

bottom of page